Come recenti studi hanno posto in evidenza, i processi del dopoguerra assumono una particolare rilevanza quale fonte d’indagine sui crimini commessi dalla Repubblica sociale italiana durante il conflitto. In particolare, la documentazione giudiziaria delle Corti d’assise straordinarie (Cas) si è rivelata determinante per la ricostruzione storica dei fatti e la loro rappresentazione.
Le Cas sono organismi giudiziari “straordinari”, costituiti dai nuovi poteri democratici per contenere gli effetti della reazione di rivalsa popolare contro la violenza fascista, incanalandola subito prima della Liberazione entro gli argini della giustizia legale. Investite tra il 1945 e il 1947 di una competenza di giudizio su base provinciale, le Cas sono espressione di una giustizia “ibrida”, dai paralleli connotati politici e giuridici, affidata a corti popolari: composte da 1 magistrato togato e 4 giudici popolari, estratti a sorte da liste compilate dai Cln. Agli uomini di legge (ma non solo) chiamati a comporle, non di rado protagonisti della Resistenza, è affidato il delicato equilibrio di giudizio sugli ex nemici, chiamati a rispondere in processi pubblici dei reati di “collaborazionismo”, ossia di atti di tradimento al governo legittimo e di aiuto al tedesco occupante.
Espressione di una giustizia ancora condizionata dalle passioni della guerra e caratterizzata da procedure d’emergenza, i processi delle Cas descrivono forme e modalità della violenza del biennio 1943-1945 a partire da una memoria dei fatti ancora vivida nelle parole delle vittime e dei testimoni.
Il progetto, focalizzato sullo studio del conflitto e delle sue lacerazioni nel contesto territoriale dell’Emilia Romagna, si è posto l’obiettivo di raccogliere e censire nell’arco di un triennio la totalità delle sentenze delle corti regionali, da pochi anni accessibili presso gli Archivi di Stato, inserendo i dati relativi a processi e imputati all’interno del data-base dell’Istituto nazionale F. Parri.